Jonny Costantino

(Catanzaro 1976) è cineasta e scrittore. In questi mesi è al lavoro con Antonio Moresco, tra i maggiori scrittori viventi, per realizzare il film “La lucina”, tratto dall’omonimo romanzo e in cui lo stesso Moresco è attore protagonista. Inoltre, è alle prese con il montaggio di “Sbundo”, film girato in Calabria in un quartiere rom off limits.
In generale, assieme a Fabio Badolato – con cui nel 2005 ha fondato la BaCo Productions – Costantino realizza opere che cortocircuitano i confini tra cinema documentario, narrativo e sperimentale. È stato redattore di “Cineforum” e cofondatore di “Rivista”. Oggi scrive soprattutto per “Il primo amore” (“giornale di sconfinamento” di cui è redattore) e “Rifrazioni” (periodico di “cinema e oltre” che dirige). Ha scritto saggi di cinema, arte e letteratura, e a marzo è uscito, per Effigie Edizioni, il suo primo romanzo: ”Mal di fuoco”. 

Qualcosa di particolarmente emozionante a cui stai lavorando adesso?

In questi mesi faccio avanti e indietro tra l’Italia e la Francia. Sto ultimando a Parigi il montaggio de “La lucina”, dopo quasi due anni e mezzo di lavoro accanito tra sceneggiatura, preparazione e riprese. È un processo esaltante e doloroso. Esaltante perché la creatura prende forma. Doloroso perché Fabio ed io siamo sia registi sia montatori e da montatori è un costante elaborare il lutto per i registi che siamo stati. Se bisogna tagliare si taglia, non di rado cose belle, inquadrature e perfino scene che sulla carta erano pezzi forti o che c’erano costate giorni di ripresa. Siamo arrivati al punto cruciale in cui è il film a comandare, a imporre il suo ritmo, a denunciare smagliature e corpi estranei. È un processo spietato e illuminante.

 

L'esperienza più interessante che hai fatto negli ultimi anni?

Direi le riprese di “Sbundo”, nell’autunno 2013, perché rappresentano un punto di non ritorno per il mio cinema. “Sbundo” è un anomalo gangster movie girato a stretto contatto con persone che vivono ai margini della legalità e sono portatrici di un’umanità deviante. Molte di loro hanno recitato nel film mettendosi in gioco con una serietà sbalorditiva per dei non professionisti, fino a diventare attori della loro vita. E mentre la loro vita sbandata entrava nel film, la sceneggiatura si sgretolava per fare posto ad un altro film, un’opera per certi versi “mostruosa” ma senz’altro più espressiva e autentica del previsto. Siamo stati spericolati e ci siamo assunti rischi enormi, anche sul piano dell’incolumità fisica. Ne è uscito un film naufragio. Nonché la prova del fuoco che era necessario superare per compiere il successivo azzardo de ”La lucina”, girato lo scorso autunno in un paesino della Lucania con attori improvvisati, in condizioni climatiche, ambientali e produttive al limite. Qui la sfida è stata muoversi nel solco della sceneggiatura scritta con Antonio Moresco rispettando la parabola narrativa ma esponendola all’urto dell’imprevisto, affinché il film potesse accogliere magie e verità, o anche solo vibrazioni e delicatezze inimmaginabili a priori. Per quanto mi riguarda, portare a casa un film esattamente come l’hai pensato e scritto equivale a fallire, a realizzare un film morto.

 

Una lezione che hai imparato e che racconteresti ad una platea di studenti?

Durante la preparazione sia di “Sbundo” sia de “La lucina”, diversi professionisti pieni di buon senso ed esperienza mi hanno dato del pazzo. Girare in luoghi così estremi, in tempi così ristretti, con mezzi così risicati: non si può, non si fa. Eppure abbiamo girato entrambi i film e senza il minimo compromesso poetico. Siccome in Italia non c’erano produttori per il nostro cinema, Fabio ed io ci siamo rimboccati le maniche e siamo diventati i produttori di noi stessi. Abbiamo imparato, tra le tante cose, a trasformare gli incidenti di produzione in soluzioni di regia. Ed ecco la lezione che ne ho tratto e che mi piacerebbe trasmettere ad una platea di studenti: coltiva l’impossibile, non farti mutilare dai custodi del così-fan-tutti, i limiti degli altri non sono per forza i tuoi. Inventa le tue regole, stravolgile se diventano degli ostacoli. Le cose potrebbero non essere come te le hanno raccontate: scontrati con la realtà per distillare la tua verità. Se sei un artista: sbarazzati dei cliché e punta dritto al cuore della tua ossessione, solo così troverà una forma. O la va o la spacca: se la spacca, non andava.

 

Una cosa che non hai ancora fatto ma che prima o poi farai?

Ce ne sono un’infinità. Eppure non riesco a dirne nessuna. Oggi non chiedo che di continuare a vivere come ho fatto finora, nell’affondo e al rilancio. Chiedo che la vita e la creazione non smettano di coincidere, compenetrarsi, potenziarsi a vicenda. Il prossimo film, il prossimo libro: saranno loro a farmi strada. Andrò dove mi condurranno, senza precauzioni né protezioni.

 

Una persona che conosci bene e con una storia assolutamente da non perdere?

Antonio Moresco. Dico Antonio perché non è soltanto uno scrittore enorme e un amico per cui mi farei tagliare un braccio. Antonio è l’uomo generoso, l’artista radicale, il combattente intrepido. Un esempio d’integrità, coraggio, perseveranza. La prova vivente che l’arte, ad un certo livello, non può mentire sull’uomo. Antonio è una persona la cui vicinanza ti fa venire voglia di essere una persona migliore, un artista migliore. Non ho mai visto fingere Antonio Moresco. Neanche ne “La lucina”, dov’è l’attore protagonista.

21 maggio 2016