Vincenzo Zappino

(Modena, 1971). Calabrese di origine, economista di formazione, e viaggiatore per vocazione, da vent’anni anni si occupa di sviluppo turistico e culturale assieme al suo socio Sergio Stumpo con cui nel 1997 ha fondato targeteuro srl, una piccola realtà italiana che ha realizzato progetti di sviluppo turistico in oltre quaranta Paesi diversi. Ha partecipato attivamente ad oltre sessanta progetti di sviluppo socio-economico, turistico e culturale in giro per il mondo, lavorando per il settore pubblico e privato – governi, municipalità ONG, multinazionali, cooperative di artigiani – e soprattutto per organizzazioni multilaterali (Banca Mondiale, Banca Interamericana di Sviluppo, Nazioni Unite, Commissione Europea). Dal 2011, insieme ad un gruppo di amici, sta sviluppando una piattaforma digitale che presto – a suo dire – rivoluzionerà l’industria turistica. Attualmente vive a Parigi.

Qualcosa di particolarmente emozionante a cui stai lavorando adesso?

Senza dubbio, fare il papà: un lavoro a tempo pieno e con contratto a tempo indeterminato. In due anni e mezzo sono arrivati tre bellissimi bambini che mi tengono piacevolmente occupato. Nel tempo libero invece mi dedico al lavoro, ma giusto ciò che serve per garantire un futuro ai piccoli. Tra le varie opzioni, toumake, il mio ultimo progetto, è uno strumento su cui sto puntando per dare loro questa garanzia. Si tratta di una piattaforma digitale che rivoluzionerà l’industria del turismo. Faccio parte, infatti, di un gruppo di “sognatori pratici” che sulla base di un’esperienza ventennale nello sviluppo di modelli di gestione di destinazioni turistiche, ha sviluppato adesso una piattaforma che coinvolge l’intero ecosistema turistico. Pensata per aumentare la capacità competitiva delle imprese turistiche, la piattaforma fornisce a queste ultime dati preziosi sulla domanda turistica che si sta interessando alla destinazione specifica, e lo fa con largo anticipo rispetto alla stagione turistica che verrà. Negli ultimi sei mesi, da quando l’abbiamo lanciata, sto viaggiando molto in America Latina e in Europa per spiegare a imprenditori e policy-maker del turismo che da oggi non hanno più bisogno di aspettare la fine della stagione turistica per avere le informazioni necessarie a pianificare la stagione successiva. Per adesso abbiamo firmato contratti in Honduras, Messico e Italia, e stiamo negoziando in Paesi come Repubblica Dominicana, Regno Unito, Polonia. I prossimi mesi saranno molto intensi per questo progetto, ma vederlo crescere mi emoziona terribilmente. Quasi come con un figlio. 

 

L’esperienza più interessante che hai fatto negli ultimi anni?

Il lavoro mi ha sempre dato la possibilità di vivere in diretta molte “esperienze interessanti”. Avrei centinaia di aneddoti da raccontarti. Recentemente una giornalista della provincia di Reggio Calabria mi ha fatto una domanda simile. Le ho risposto che dopo un incredibile viaggio di tre giorni in macchina nel centro del Brasile mi è stato chiesto di trasformare una gigantesca miniera d’amianto in un’attrazione turistica. Ma mi viene in mente la volta in Repubblica Dominicana che mi sono ritrovato a “tu per tu” con uno squalo durante un’immersione per un progetto di protezione della barriera corallina, oppure la volta in Bolivia in cui quando sono stato  sequestrato pr 45 minuti, oppure ancora, sempre in Bolivia, quando ho scoperto che uno dei piatti più apprezzati in un paesino sperduto sulle Ande erano i ravioli alle foglie di coca. Se penso invece a qualcosa di meno episodico, forse l’esperienza più interessante l’ho vissuta in Colombia per un progetto della Banca Interamericana di Sviluppo. Il lavoro consisteva nel disegnare un progetto che coinvolgesse le micro-imprese turistiche locali con l’obiettivo di dare una possibilità di scelta ai giovani del territorio, che non fosse solo quella di arruolarsi nelle FARC, le forze armate rivoluzionarie. Dopo mesi di duro lavoro in collaborazione con le imprese e le istituzioni locali, visitando anche località a rischio perché sotto il controllo totale o parziale delle FARC, abbiamo definito e disegnato un progetto che – grazie soprattutto alla forza e volontà di Maria Emilia, la direttrice del progetto – in poco più di tre anni ha portato alla creazione di un’associazione turistica che coinvolgeva attori pubblici e privati, incluse oltre 300 imprese. L’associazione Destino Paraiso è oggi una realtà che si occupa di promuovere il turismo nella Valle del Cauca, favorendo la coesione sociale e lo sviluppo imprenditoriale dell’offerta turistica. La realizzazione di questo progetto mi ha fatto sentire, più di tanti altri, la responsabilità delle idee e delle soluzioni che proponevamo. Mi ha fatto capire che anche il turismo poteva essere uno strumento di giustizia sociale. 

 

Una lezione che hai imparato e che racconteresti ad una platea di studenti?

Negli ultimi vent’anni anni ho lavorato in territori caratterizzati per lo più da tessuti economici e sociali in profonda crisi, frutto di politiche e visioni fallimentari. Capire gli errori fatti e le ragioni del fallimento è sempre stato il primo passo per la definizione di ogni programma di sviluppo portato avanti insieme agli imprenditori e ai rappresentanti della società civile dei luoghi dove ho lavorato. Per questo a degli studenti racconterei quanto sia importante imparare ad estrarre valore dai fallimenti. Niente insegna così tanto quanto ciò che non ha funzionato.  

 

Una cosa che non hai ancora fatto ma che prima o poi farai?

Scrivere un libro e fare, almeno una volta, turismo spaziale. Per il libro mi sto adoperando, anche se ci penso da dieci anni e non ancora scritto neanche un rigo. Vorrei scrivere un libro sui modelli di gestione delle destinazioni turistiche che possa essere utile per chi fa le politiche pubbliche del turismo e che faccia capire agli attori del turismo che sarebbe il caso di passare dalla guerra fratricida tra loro alla collaborazione e condivisione. Da un’inutile competizione locale tra la locanda al centro del paesello e la locanda sul lato opposto della strada, ad una destinazione turistica che si organizza per attrarre complessivamente quei turisti non occasionali che cercano un’esperienza che per definizione richiede servizi diversi e differenziati e che nessuna delle due locande, singolarmente, è in grado di offrire. Per quanto riguarda il turismo spaziale, non è colpa mia. Ho una giustificazione solida: sto aspettando che siano operativi i primi voli di linea. A quanto sembra, non ci vorrà ancora molto.

 

Una persona che conosci bene e con una storia assolutamente da non perdere?

Una persona speciale è Martha, la direttrice della Ruta del Tequila in Messico. L’ho conosciuta nel 2008 in occasione del progetto di assistenza tecnica per trasformare il luogo dove è stato “inventato” il tequila in una destinazione turistica internazionale. Martha possiede una forza di volontà e un’intelligenza fuori dal comune. Ha superato un percorso di vita personale a volte tragico, ed ha saputo mettere insieme oltre 400 imprese, 8 municipi, il governo statale e quello nazionale, e tante associazioni di categoria per valorizzare la terra del tequila. Quando abbiamo iniziato, c’erano solo cinque distillerie e una ventina di imprese turistiche interessate. Ogni mattina incontravamo i proprietari delle distillerie e visitavamo i loro campi di agave per spiegare come far parte dell’ecosistema turistico che volevamo organizzare, e già alle 9 del mattino ci offrivano un margarita, che da quelle parti (dove è impossibile chiedere un caffè) è considerata la bevanda più leggera. Poi nel pomeriggio si passava al tequila e la sera non finivamo mai prima di mezzanotte, e mai prima di aver degustato le migliori marche di tequila della zona. L’indomani si ricominciava con un gran mal di testa, ma il margarita mattutino era un ottimo analgesico. Martha è stata anche tutto questo: la lezione che ci ha dato giorno dopo giorno in cui l’abbiamo vista lavorare divertendosi ma avendo sempre ben chiara la responsabilità del suo ruolo. L’ho vista superare sempre gli obiettivi che si era prefissati, e non perdere una sola occasione per invitare l’ultimo arrivato a scoprire la cultura e la tradizione che il tequila rappresenta. Dal processo di coltivazione e di raccolta delle agavi, al legno preso nel vicino vulcano e utilizzato per le botti; dalla vita del “campesino” dell’Ottocento che coltivava e lavorava l’agave, alla distillazione moderna. Ha trasformato una semplice bevanda alcolica in una storia vera da raccontare e tramandare, facendone l’orgoglio di tutte le popolazioni locali. Un’ultima cosa, che ci tengo a dire particolarmente. Grazie a Martha e alla Fondazione da lei creata in ricordo del figlio Ricardo, il Governo Federale ha radicalmente modificato e inasprito la legge sugli incidenti stradali in stato di ebrezza.

 

9 settembre 2016