Luca La Mesa

(Roma 1983) Appassionato di marketing ed innovazione. Dopo aver lavorato per Unilever e Procter&Gamble, si è specializzato nello studio delle strategie avanzate di social media marketing e delle tecniche di innovazione. Ad oggi si divide tra la consulenza verso i top brand (come Fendi, Pirelli, CONI) e la formazione in ambito universitario. In questi anni ha insegnato presso HEC Paris, Sapienza, John Cabot University ed è Top Teacher in Italia di Ninja Academy. Nel 2015 è stato selezionato per partecipare all’Executive Program della Singularity University presso il NASA Research Park in Silicon Valley e dal 2016 è stato nominato Chapter Ambassador con la responsabilità di aprire e gestire il chapter della Singularity a Roma (SingularityU Rome). Nel suo ruolo di mentor ha vinto per due anni consecutivi (2015 e 2016) la competizione nazionale di Wind: “Wind Business Award”. Usa un solo trucco: dedicare due ore ogni giorno allo studio delle novità del mondo dell’innovazione, e organizzare ogni anno due forti periodi internazionali di crescita personale.

Qualcosa di particolarmente emozionante a cui stai lavorando adesso?

Quando si termina una giornata di lavoro e ci si può rilassare con una doccia calda la nostra mente è libera di andare sui progetti che veramente ci stanno più a cuore. In Unilever chiamavamo “share of shower” quella percentuale di tempo sotto la doccia nella quale si pensa a qualcosa di particolarmente creativo o ispirato. In questo periodo mi è capitato di sfruttare la doccia – ma poi la cosa mi ha tenuto a lungo sveglio pure di notte – per ragionare su come provare ad aiutare la Croce Rossa Italiana a gestire al meglio le strategie sui social media legate al terremoto del 24 agosto in Centro Italia. Quale potrebbe essere il modo migliore per trasformare la donazione di Mark Zuckerberg (500 mila € in crediti pubblicitari su Facebook) in un vero moltiplicatore? Se utilizzati per bene, questi crediti possono essere davvero di grandissimo valore e non vedo l’ora di vedere realizzato e raccontare per bene l’idea a cui sto lavorando con la Croce Rossa. Altro progetto piuttosto unico nel suo genere, e al quale sto collaborando proprio in questi giorni, è un documentario su Papa Francesco realizzato da FremantleMedia Italia per la RAI. Ciò che lo rende unico è l’utilizzo dei social per ottenere dagli utenti in rete, e quindi “dal basso”, contenuti e testimonianze dirette. Con una strategia simile avevo studiato qualche anno fa una campagna di raccolta foto dei tifosi per festeggiare i 20 anni di Francesco Totti con la maglia della AS Roma. Si chiamò #MioCapitano e fu uno dei primi progetti che realizzai con la squadra di cui sono tifoso sin da piccolo.

 

L’esperienza più interessante che hai fatto negli ultimi anni?

Ogni anno cerco di ritagliarmi un paio di esperienze di crescita personale che non siano legate al business ma che mi permettano di crescere umanamente, avere sempre nuovi stimoli, e ricaricare le batterie con idee e progetti soprattutto orientati a generare un impatto sociale. Lo scorso anno sono stato selezionato per l’Executive Program della Singularity University presso il centro di ricerca della NASA in Silicon Valley. La Singularity University studia come cambierà il mondo nei prossimi anni grazie alle cosiddette «tecnologie esponenziali», vale a dire quelle tecnologie che non hanno uno sviluppo lineare e ci possono quindi permettere di avere un impatto crescente su un numero sempre maggiore di persone. La Singularity seleziona i ragazzi che abbiano competenze e desiderio di lavorare su progetti con un potenziale di impatto positivo su un miliardo di persone in 10 anni. I brividi solo a pensarci, lo so. Ma brividi che non passano: appena sono tornato in Italia, ho cercato di cambiare in maniera abbastanza radicale il mio percorso, per intraprendere una strada sempre più orientata all’innovazione e ai metodi per generare un impatto positivo su larga scala. Le prime attività che ho fatto sono le più semplici e quelle guidate dall’emozione e da una voglia di restituzione (il “give back” degli americani, ma fatto da un italiano), ossia di dare nel mio piccolo un contributo a chi avrebbe potuto intraprendere un percorso simile. Ho deciso di sponsorizzare una borsa di studio (Global Impact Competition) per permettere a Marta, una brillante studentessa, di partecipare ai programmi della Singularity in America. Per quanto non mi ritenga un investitore, ho anche deciso di investire sulla società di un altro ex alunno della Singularity che vuole dare educazione gratuita online ad un miliardo di persone in dieci anni. Sarà una sfida molto difficile ma mi piace terribilmente sostenere e scommettere su questa persona e sulla sua grande energia. Così come mi è capitato di aiutare un ragazzo che aveva vinto una borsa di studio per fare un viaggio sub-orbitale con la NASA ma che non aveva i 6 mila €  da versare in 48 ore per confermare la partecipazione al programma. Grazie alla rete di contatti e di amici sui social siamo riusciti, in poco più di 24 ore, a trovare i soldi e a permettergli di partecipare. Sta per partire tra pochi giorni e siamo tutti emozionati per lui.
Devo confessare pure che solo dopo un po’ di tempo, però, mi sono reso conto che erano tutte attività che aiutavano singole persone di talento ma che non cambiavano il sistema o la cultura del mio Paese. Per questo da aprile ho fatto un passo più grosso e strutturato. La Singularity University mi ha nominato “Chapter Ambassador” con la responsabilità di aprire “SingularityU Rome” e portare a Roma i loro temi ma in maniera gratuita e continuativa. Puntiamo a permettere a studenti, manager ed innovatori di iniziare a comprendere come cambierà il mondo nei prossimi anni ma senza dovere necessariamente andare alla NASA per scoprirlo. Sempre sui progetti di crescita personale mi è piaciuto molto il Global Leader Program al quale ho partecipato, sempre ad aprile, ad Harvard. Hanno selezionato un centinaio di ragazzi, da 57 Paesi del mondo, che avessero competenze chiare ma soprattutto una irrefrenabile voglia di fare sistema per generare un impatto positivo. Come esperienza invece lavorativa, la più bella degli ultimi mesi è stato il supporto nella gestione social delle Olimpiadi di Rio per l’Italia, grazie al CONI. Per me è stato il coronamento di un sogno iniziato 6-7 anni fa, quando ho deciso di dimetterrmi da Unilever per provare ad avventurarmi tra i primi nel mondo delle strategie avanzate di social media, in particolare in ambito sportivo. Dopo il lancio sui social del Campionato Mondiale Superbike, dopo i progetti con la AS Roma, la Federazione Pallavolo, Pirelli, gli Internazionali BNL d’Italia, i mondiali di calcio in Brasile, i mondiali di pallavolo in Italia e molti progetti con calciatori ed atleti di vari discipline, ho visto prendere forma il sogno delle Olimpiadi ed è stata un’esperienza della quale sarò sempre grato al CONI e al team con cui ho lavorato. Uno potrebbe dire: possibile che sia tutto vero? In realtà la mia fortuna è stata cominciare a lavorare subito dopo gli studi, e quindi è stata potermi “fare da me” sin da molto giovane, essendomi tra l’altro ritrovato a crescere in una nicchia di mercato in enorme espansione. Ripeto: sono stato sicuramente molto fortunato, ma ringrazio ancora il giorno in cui  ho deciso di rinunciare ad un percorso più sicuro (avevo un comodo contratto in una multinazionale) per cercare di ritagliarmi un piccolo spazio prima che arrivassero le grandi agenzie.

 

Una lezione che hai imparato e che racconteresti ad una platea di studenti?

Che la vera ricchezza è non smettere mai di studiare. Oggi sto cercando di limitare il numero di progetti a cui mi dedico per essere sicuro di avere un paio di ore ogni giorno per studiare i temi che più mi stanno a cuore. Solo così riesci veramente a crescere e a rimanere lucido su quello che sta per succedere. Agli studenti direi: non fatevi schiacciare dall’operatività quotidiana ma mantenete dei momenti, tutti per voi, in cui studiare ciò che amate. Chiedetevi dove vi vedete tra cinque anni, cosa ancora non sapete su ciò che vi permetterà di arrivarci, e fate un passo al giorno per impararlo.

 

Una cosa che non hai ancora fatto ma che prima o poi farai?

Due anni fa mi sono reso conto che i ritmi di lavoro e di studio erano comunque molto impegnativi e che stavo sacrificando la passione che sin da piccolo avevo per lo sport. Ho giocato molto a tennis, anche da Nick Bollettieri in America nello stesso periodo di campioni come le sorelle Williams, Tommy Haas, Marcelo Rios e Anna Kournikiva. Avevo 15 anni e quella esperienza sportiva mi ha insegnato tanto. Nel 2014 mi sono reso conto che per tre volte in poche settimane avevo detto in diverse circostanze “in un’altra vita vorrei imparare a fare surf”. Sembra banale, ma questa frase da un punto di vista psicologico era come ammettere a me stesso che in questa vita non ci sarei riuscito mai. Ho così spesso pensato a questa domanda fino a quando non ho deciso di fare una pazzia. Contestualmente al viaggio in America per il corso alla Singularity, ho prenotato “il viaggio dei sogni” e mi sono ritrovato in poche ore su una tavola da surf alle Hawaii sulla spiaggia di Waikiki Beach. Onestamente è stato un sogno realizzato a metà, poiché mi sono impegnato e divertito molto ma sono ancora un principiante della tavola e so che dovrò ancora prendere molte onde in faccia prima di poter ammettere di avere imparato veramente. Ma ho superato il blocco. Adesso so che è solo questione di trovare il modo di tornarci con più calma per immergermi nuovamente nella natura e coltivare questo sogno sportivo che è un po’ dentro ciascuno di noi. Soprattutto di questi tempi, poi, con «Giorni selvaggi» in libreria. Ne approfitto: se qualcuno ha voglia di unirsi all’avventura, mi faccia sapere. Alessandro, ci stai anche tu?

 

Una persona che conosci bene e con una storia assolutamente da non perdere?

La storia più incredibile l’ho scoperta proprio quell’estate in una delle isole delle Hawaii. Ho conosciuto C.T. (la storia è uscita su diversi giornali, ma preferisco non citare il nome della mia amica) e abbiamo passato del tempo insieme scoprendo i segreti di quelle favolose isole. Un giorno ha deciso di raccontarci la sua storia e cosa l’aveva portata lì. Lei viveva in America finché il padre non aveva iniziato ad essere violento al punto da convincere sua mamma a scappare con la figlia piccola in Costa Rica. Fu uno dei primi casi al mondo e lei è cresciuta sapendo che l’FBI li stava cercando con l’accusa di rapimento internazionale di minore. Con le leggi vigenti al tempo, la mamma rischiava di perdere i figli, 3 anni di galera, e 250 mila $ di multa. Ci ha raccontato come è stato crescere prendendo col tempo consapevolezza di questa situazione. Un giorno l’FBI riuscì a trovarli e la madre finì in galera in Costa Rica in attesa del processo e della probabile estradizione. La loro storia sembrava senza lieto fine, ma la madre lottò fino al punto di riuscire a far cambiare le leggi del Costa Rica per riconoscere per la prima volta lo status di rifugiato a seguito di una reale paura di persecuzione da parte del marito che si era macchiato di pesanti violenze domestiche. Divenne un vero caso diplomatico tra Costa Rica e Stati Uniti e – a distanza di anni – la loro storia ha permesso di cambiare le leggi in diversi altri Stati per riconoscere situazioni simili. È stato incredibile ascoltare un racconto del genere da parte di una ragazza così giovane e con tanta voglia di trovare la sua strada senza doversi nascondere in alcun modo ma camminando a testa alta. Le prossime settimane mi verrà a trovare in Italia e sarà bellissimo ripensare a quei giorni di vacanza e a tutte le cose brutte che si è lasciata alle spalle. Ciò che ho imparato è che dietro a ciascuna persona che conosciamo nel quartiere di fianco al nostro o in giro per il mondo, può sempre esserci una storia incredibile e che dobbiamo per questo imparare ad ascoltare, e talvolta anche a chiedere, per confrontarci e soprattutto imparare. Sempre qualcosa di nuovo; alle volte qualcosa di straordinario.

30 settembre 2016