Massimiliano Ventimiglia

(Taranto, 1976) Da venticinque anni si occupa di tecnologia, open innovation, comunicazione digitale. Nel 2005 ha dato vita al venture incubator H-FARM con Riccardo Donadon, concentrandosi sullo sviluppo di H-ART, società che investendo sul design al servizio delle persone diventa in pochi anni una delle più importanti agenzie digital in Italia. Nel 2015 H-ART entra nel network di Akqa, multinazionale londinese, e raggiunge i 24 milioni di fatturato con più di 200 collaboratori. Dopo un periodo come CEO di H-FARM Education, nel 2018 fonda Onde Alte, società benefit certificata B Corp nata per aiutare aziende, organizzazioni umanitarie, fondazioni e pubblica amministrazione a creare progetti che uniscano sostenibilità economica e ritorno per la comunità. Di Onde Alte fa parte anche Make, piattaforma di ingaggio civico. Ama il mare, la vela, la fotografia, la lettura, il pianoforte, è un collezionista di arte digitale e un appassionato di nuove tecnologie.

Qualcosa di particolarmente emozionante a cui stai lavorando?

Dal 2018 mi occupo di allineare ciò che so fare a ciò che ha senso fare non solo per me ma per la comunità. Ho deciso che "perché?" è la domanda a cui devo trovare sempre una risposta; che esiste un'equazione che io voglio risolvere ad ogni passo che faccio: io sto al mondo come le nostre scelte stanno alla sua sopravvivenza. E non serve essere matematici per capire che la variabile sono "le nostre scelte" e nemmeno essere sociologi per capire che questo problema purtroppo contiene una frustrazione grossa nel tentare di risolverlo: che tu da solo non basti. Ecco, io ho deciso di occuparmi di contagiare – e lo so che non è proprio il massimo come parola di questi tempi! – la maggior parte di persone possibile, per orientarci insieme a cambiare e ad occuparci delle cose che riguardano tutti. Onde Alte è già un'azienda benefit, si occupa di innovazione, divulgazione e formazione sui temi dell'impatto sociale e in un certo modo restituisce molto di quello che fa alla comunità. Ma da mesi pensavo di voler fare anche un altro pezzo di strada, e così alla vigilia dello scorso Natale è nato Nazaré, un acceleratore benefit. Una luogo-senza-fissa-dimora dove coloro che vogliono cambiare in meglio la nostra società possano trovare empatia, ascolto, cura, sostegno, soldi, e una solida spinta. Nazaré è una località portoghese sull'oceano, ci sono le onde più alte d'Europa. Si possono vedere dal faro e a volte raggiungono i 30 metri di altezza. È un posto dove per fare surf non basta neppure tanta esperienza, ma servono desiderio puro e uno sconfinato coraggio. In Italia abbiamo un bisogno tremendo di un posto così.

 

Una cosa che il Covid-19 ti ha tolto, ed una che invece ti ha dato?

Mi ha tolto molte cose che davo per scontate. Anzitutto i movimenti e gli incontri. Il contatto. Gli occhi negli occhi con le persone familiari. Quegli sguardi reciproci e silenziosi che non ci sono tra due schermi perché è impossibile sapere – è impossibile sentire – se l'altra persona in quel momento ti sta guardando proprio come la stai guardando tu. Con quella attenzione, con quel sentimento. Il Covid mi ha tolto il mare e la montagna, la natura e lo sport. Mi ha tolto il quotidiano, quel ritmo che comprendeva bere il caffè al bar, qualche aperitivo, ogni tanto una cena fuori. Il sentirsi a casa, fuori di casa, tra perfetti sconosciuti. E però il Covid mi ha anche restituito la cosa più preziosa: il tempo. Mi ha dato più tempo per abitare i miei spazi. Quelli fisici: le stanze e gli accessori della casa; ma anche quelli dentro di me: le ambizioni, i timori, i sogni. Mi ha dato tempo per studiare, leggere, imparare cose nuove. Tempo per ascoltare con maggiore attenzione quello che c'è attorno, le parole delle persone che senti tramite i video o i telefoni.

 

Il pensiero laterale più ricorrente di queste settimane?

Penso spesso al concetto di "seconda chance". Per me il Covid può essere la più straordinaria seconda chance che la storia recente dell'uomo abbia mai avuto. Per ripensare, ridefinire, ridisegnare. Cosa? Tutti i modelli dati per scontati fino ad oggi. Le regole e le meccaniche alla base del funzionamento della nostra società. Le leggi, le organizzazioni economiche e sociali. Ha messo in pausa la musica che stavamo ascoltando, dandoci la possibilità di smettere di lamentarci del suono che usciva dalle casse e di capire come riparare l'impianto. Sono convinto che ci sia un sacco di gente disponibile ad aggiustarlo insieme a noi. Ci penso e mi dico: ma quando ci ricapita? Quando mai potremo fare un'altra assenza giustificata come questa dalla scuola della vita di tutti i giorni? Oggi possiamo iniziare tutti ad occuparci di noi e di quello che dobbiamo fare insieme in un modo che non so – francamente – se ricapiterà più. Ce ne stiamo rendendo conto? Riusciremo a dare un senso e non solo una spiegazione a tutto quello che stiamo passando? Sapremo usare questa occasione per prendere in mano seriamente – che so – il diritto all'istruzione, i diritti civili e quelli dei lavoratori, i sistemi che regolano le nostre economie, le politiche di rigenerazione ambientale e tutte le altre questioni che dobbiamo ridiscutere urgentemente? C'è una parola straordinaria che mi risuona spesso in testa in questi mesi: alternativa. E che si contrappone ad un'altra parola che descrive perfettamente un tratto inquietante di ciò che chiamavamo normalità: onnipotenza. Dobbiamo scegliere se continuare a pensare di essere onnipotenti, o se cominciare a capire che abbiamo una alternativa.

 

Una lezione imparata anni fa e che racconteresti ad una platea di studenti?

Pochi anni fa ero in una palestra di una scuola ad Avellino dove col team di Onde Alte stavamo tenendo un hackathon civico sul tema del rilancio delle aree interne e dell'isolamento culturale; che in Irpinia non è un concetto astratto ma ciò che ogni anno ipoteca il futuro di tante ragazze e ragazzi. Per molti di loro andare a scuola vuol dire prendere un bus che passa alle 5:30 del mattino. Se lo perdi, non c'è modo di arrivare in tempo. Tra gli studenti c'era una ragazza molto timida e chiusa. Aveva un atteggiamento diffidente e spigoloso. Ricordo di aver provato in tutti i modi ad entrare nella sua testa, a smuovere qualcosa, a provocare una scintilla. Ma niente, non c'era verso. Mi ero praticamente arreso quando – a competizione finita – in un angolo un po' in disparte mi ha fatto leggere una lettera che aveva scritto. "Nelle piccole cittadine come la mia, dove vediamo cadere i nostri sogni, dove non diamo vita alle nostre idee, dove preferiamo restare nascosti nell'ombra, è il momento di dire basta, dire io ci sono, io posso...". Mi ha molto emozionato leggere quelle parole. È stata questa ragazza a darmi una bellissima lezione: ho capito che ogni persona ha una corda da qualche parte che può vibrare se riesce a toccarla e se sa che c'è qualcuno ad ascoltare; che ciascuno di noi ha dentro la forza che serve per riuscire a fare cose straordinarie, se capisce che c'è una partita più grande e che ha un ruolo da giocare.

 

L'ultima volta che hai riso, o sorriso?

Pochi giorni fa, perché sono entrato a far parte di Mediterranea e mi riempie di gioia pensare che ci sarà un modo pratico per unire la mia passione per il mare con un grande perché e una delle grandi domande del nostro tempo. Credo molto nell'idea che prima si debbano mettere in salvo le persone e solo dopo ci si possa permettere di discutere dei "se" e dei "ma". Trovo profondamente disumano il contrario, e penso che di immigrazione come di emergenza climatica, delle masse di persone che si dovranno spostare per mancanza di cibo o per esaurimento delle risorse naturali, dell'impossibilità per tanti bambini di avere le cose base per poter sopravvivere, come cibo, vestiti o un'istruzione dignitosa, si parli sempre troppo poco. I nostri media dedicano spazio a ore di intrattenimento, serie tv e show di ogni tipo e intanto il mondo affonda. Penso bisognerebbe prendere posizione, urlare, darsi da fare. Conosco persone che stanno decidendo di lasciare la pianura per spostarsi in montagna, per raggiungere altitudini dove non si corre il pericolo dell'innalzamento del livello dei mari. Ci sono intere aree costiere in pericolo e non si parla di secoli, ma dei prossimi venti o trent'anni. Si parla del dopodomani di tanti bambini e ragazzi di oggi.

 

Una cosa che non hai ancora fatto ma che prima o poi farai?

Ci sono un paio di cose che sogno di fare da quando ero piccolo, e mi sento di essere ormai sulla buona strada per realizzarle, anche se non sono proprio semplici. La prima è fare una traversata seria in barca a vela – e quando dico seria intendo oceanica –, per poter sentire la libertà di muovermi tra le onde, sospinto dal vento. Penso sia un'esperienza tosta, che ti metta in contatto con zone di te a cui non puoi accedere fino in fondo se non vivi situazioni come quella. Mi piacerebbe unirci anche una componente di utilità, come mappare le plastiche o avere un meccanismo per raccoglierne e smaltirne una certa quantità. E poi sogno di riuscire a suonare Nuvole Bianche di Ludovico Einaudi. Da sempre amo il pianoforte, strumento in grado di arrivare in profondità in termini di connessione con chi sei, e da qualche mese mi sono messo a studiarlo ed è una grande sfida di focus, esercizio, disciplina. Mi sprona e affascina questo esplorare un linguaggio nuovo per riuscire a dire diversamente le cose che voglio dire, e forse anche altre che ancora neppure conosco.

 

La foto scelta da Massimiliano: spiaggia di Nazaré (di Pedro Magalhaes)

La foto scelta da Massimiliano: spiaggia di Nazaré (di Pedro Magalhaes)