MA QUANDO ARRIVI

09 Settembre 2020

La ministra dell'Istruzione è venuta in Aula a riferire sull'avvio dell'anno scolastico. Ha fatto una lunga carrellata di misure prese e interventi senza precedenti. Ed io non nego la difficoltà di questi mesi, la complessità di questi giorni. Capisco anche la tensione. Ma mi sarei però aspettato meno "polemica sulle polemiche". Meno passato: meno ricostruzione di cosa è stato fatto nei mesi scorsi; e meno cosa succederà, cosa arriverà, cosa si verificherà. Meno futuro, il 9 di settembre. E più presente. Più presenza. Avrei preferito una fotografia aggiornata: sentire molti dati e la presa d'atto che tante cose – inevitabilmente – non stanno funzionando; anche se magari da Roma sono partite le indicazioni e le risorse, e però in tante città in tutta Italia gli effetti non ci sono ancora stati. O non ci sono stati come sarebbe servito. Mi sarei aspettato che dicesse con forza che il ministero è a disposizione per risolvere tutto quello che ancora non funziona, a servizio di ogni singola scuola, perché adesso ogni scuola – di fronte alla sfida della riapertura – fa storia a sé. Ogni preside, ogni docente, ogni genitore è pieno di domande molto specifiche e ha bisogno di risposte molto precise. Mentre tutto il resto fa solo aumentare la distanza e l'impressione di non essere capiti. I genitori non vedono quanti miliardi hai stanziato, quante procedure hai fatto partire, ma solo se i loro figli avranno la mensa e le attività al pomeriggio, se le aule ci sono, quanta didattica a distanza sarà ancora necessaria, gli orari di ingresso e uscita scaglionati se hanno più figli e non sanno come organizzarsi; vedono se dopo mesi non ci sono ancora tutti i docenti in classe il primo giorno di scuola; se alla prima linea di febbre e alla telefonata dalla scuola potranno fidarsi che andrà tutto bene. Alle persone non interessa quanto veloce hai corso, ma quando arrivi.

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