L’esperienza più interessante che hai fatto negli ultimi anni?
Senza dubbio Generazioni. Seguire fin dalla nascita una nuova organizzazione e contribuire a farla crescere è un’esperienza emozionante. Lo è ancora di più se mette insieme tuoi coetanei, di provenienza diversa, territori diversi, storie diverse, uniti da valori e obiettivi comuni. Abbiamo iniziato nel 2008, con l’obiettivo di favorire il ricambio generazionale in Legacoop e nelle cooperative dell’Emilia Romagna e ci siamo resi conto quasi subito che quello che serviva era creare una rete informale tra le persone, che ci consentisse di condividere idee e progetti e di risolvere problemi comuni, senza dover rispettare gerarchie e passaggi formali. Abbiamo usato questa rete anche per viaggiare e studiare la cooperazione in altre parti del mondo e ci è piaciuto così tanto che abbiamo allargato la rete ai colleghi delle altre regioni, con cui abbiamo fondato Generazioni nazionale, abituandoci a pensare in grande, a relazionarci con le istituzioni, ad approfondire temi complessi, ma che abbiamo scoperto essere alla nostra portata. Studiando e viaggiando abbiamo scoperto anche che quella delle cooperative è una rete internazionale, basata su principi e valori comuni, con enormi potenzialità, perché unisce un miliardo di soci nel mondo, ma poco sfruttata, dalle cooperative stesse. Abbiamo pensato che lo stesso entusiasmo che abbiamo messo nel costruire la nostra rete in Italia, avremmo potuto metterlo nel far nascere la prima rete europea dei giovani cooperatori, che abbiamo poi fondato a Parigi, nell’aprile del 2015, insieme a colleghi di tutta Europa. Eravamo partiti dal ricambio generazionale. Ecco, diciamo che per quello abbiamo scoperto che purtroppo non basta costruire reti, ma questa è un’altra storia…
Una lezione che hai imparato e che racconteresti ad una platea di studenti?
Racconterei a una platea di studenti – e ricordo ogni giorno alle mie figlie – che l’impegno paga sempre. Ripensando alla mia storia personale e professionale, anche le volte in cui alla fine non sono riuscita a raggiungere l’obiettivo, studiare e approfondire e progettare mi è servito per capire cosa fare all’occasione successiva. Non ci sono imprese impossibili, se c’è la voglia di provarci. E non ci sono imprese impossibili se ci si impegna con metodo. E se qualcuno dovesse controbattere che in Italia in realtà è molto più facile raggiungere gli obiettivi in maniera clientelare, gli risponderei che si, è vero, ma è anche vero che essere sempre una spanna più bravo e preparato di chi è arrivato per conoscenze o favori, è l’unico modo per riuscire a portare avanti i progetti in cui credi, con il consenso delle persone a cui tieni.
Una cosa che non hai ancora fatto ma che prima o poi farai?
Quando avevo 5 anni, i miei genitori, che allora erano giovanissimi, decisero di rientrare in macchina da un viaggio nel Peloponneso. Percorremmo centinaia di chilometri tra la Grecia, l’Albania e i Balcani, incontrando persone e vivendo posti sperduti e meravigliosi. Lo ricordo ancora, nonostante fossi una bambina. Vorrei che le mie figlie avessero ricordi altrettanto emozionanti e genuini. Mio marito ancora non lo sa, ma prima o poi percorreremo centinaia di chilometri, su strade poco battute, per vivere paesi non ancora contaminati dal turismo di massa e incontrare persone vere. In Europa o in chissà quale altra parte del mondo.
Una persona che conosci bene e con una storia assolutamente da non perdere?
Il mio lavoro è promuovere cooperazione. Ogni cooperativa ha una storia, che spesso è una storia da raccontare, i cui protagonisti sono persone che meritano di essere conosciute. Mi viene in mente Matteo Tomasi, che insieme a 13 colleghe e colleghi ha investito i suoi ammortizzatori sociali nella Girasole, cooperativa con cui hanno riaperto la lavanderia industriale, di cui erano stati dipendenti per vent’anni, diventando imprenditori e salvando il proprio posto di lavoro. Dopo un anno hanno già assunto altre 4 persone e investito più di un milione di euro in nuovi impianti e macchinari. Mi viene in mente Enrico De Sanso, che dopo aver praticato e vissuto la cooperazione in Emilia Romagna ha deciso di fare un’esperienza a Bruxelles («poi torno!», diceva), dove ha messo a frutto quanto imparato e ora è tra i giovani fondatori della prima cooperativa di consumatori écologique, économique et sociale del Belgio. Mi viene in mente Elisa Bratti, per citare una donna fantastica, a nome di tutti i soci di Camelot di Ferrara, la cooperativa che ha progettato e realizzato un sistema di accoglienza degli immigrati, prima ancora che a Ferrara l’immigrazione fosse un fenomeno rilevante e che oggi accolgono richiedenti asilo in territori diversi, continuando a studiare e a progettare sistemi di accoglienza che siano adeguati alle esigenze dei territori che ospitano e degli immigrati che necessitano assistenza e sostegno. Come il progetto Vesta, che attraverso una piattaforma e servizi dedicati, consente alle famiglie di ospitare in casa propria persone richiedenti asilo, potendo contare su un accompagnamento quotidiano.
28 aprile 2017